Con la disfatta tedesca del 1945, l’esercito comunista del maresciallo jugoslavo Josip Broz “Tito” occupò Venezia Giulia e Istria commettendo persecuzioni e soprusi nei confronti degli italiani residenti nella regione, considerati potenziali o presunti oppositori o nemici del regime titino. La violenza del regime comunista di Tito si abbatté sui militari, sui fascisti e, soprattutto, sulla popolazione civile contraria all’annessione alla Jugoslavia e alla dittatura comunista, fino a configurare una vera “pulizia etnica”: nostri connazionali furono affamati e vessati in campi di prigionia o gettati nelle foibe, profonde gole carsiche presenti nella Venezia Giulia, senza processo.
Trovarono la morte tra 6.000 e 9.000 italiani, secondo una stima ancora approssimativa.
A tale massacro seguì l’esodo giuliano-dalmata, con un’emigrazione forzata dalla propria terra che coinvolse tra 250.000 e 300.000 Italiani.
Il 10 febbraio 1947 venne firmato il Trattato di Pace di Parigi, che confermava l’annessione alla Jugoslavia di quasi tutta la Venezia Giulia e di Zara, già occupate militarmente. Tale Trattato prevedeva il Territorio Libero di Trieste sotto il controllo delle Nazione Unite. Successivamente il Territorio Libero di Trieste fu diviso in due parti: Zona A (attuale provincia di Trieste) sotto un governo militare alleato e la Zona B (Istria nord-occidentale) sotto l’amministrazione militare jugoslava.