Il centro studi della CGIA (associazione piccoli artigiani ed imprese) di Mestre rileva che sebbene negli ultimi anni ci sia stata una contrazione del fenomeno, un elevato numero di giovani continua a lasciare prematuramente la scuola, anche dell’obbligo, concorrendo ad aumentare la disoccupazione giovanile, il rischio povertà ed esclusione sociale.
Nel 2019 l’abbandono scolastico è stato del 13,5 per cento (per un totale di 561 mila giovani).
Una persona che non ha un livello minimo di istruzione, infatti, è in genere destinata per tutta la vita ad un lavoro dequalificato, spesso precario e con un livello retributivo molto basso, rispetto a quello cui potrebbe aspirare, almeno potenzialmente, se possedesse un titolo di studio medio-alto.
Le cause che determinano l'abbandono scolastico sono principalmente culturali, sociali ed economiche: i ragazzi che provengono da ambienti socialmente svantaggiati e da famiglie con uno scarso livello di istruzione hanno maggiori probabilità di abbandonare la scuola prima di aver completato il percorso di studi. C'è anche un fattore di genere: ad abbandonare precocemente la scuola sono più i maschi che le femmine.
Il rapporto CGIA evidenzia anche il cattivo posizionamento dell'Italia per livelli di studio:
Nel 2019 la quota di popolazione italiana tra i 25 e i 64 anni in possesso di almeno un titolo di studio secondario superiore era del 62,2 per cento, un dato decisamente inferiore a quello medio dell’Unione a 28, pari al 78,8 per cento e a quello di alcuni tra i nostri principali competitor.
La Francia registrava l’80,4, il Regno Unito l’81,1 e la Germania l’86,6 per cento. Non meno ampio è il divario per quanto riguarda la percentuale di coloro che hanno conseguito un titolo di studio terziario sempre nella fascia di età tra i 25 e i 64 anni. Se nel 2019 in Italia la soglia era del 19,6 per cento, la media europea si è attestata al 33,2.
Si segnala come la quota di laureati italiani tra i 25-34enni nelle discipline STEM1 sia simile alla media dei 22 paesi dell’Unione europea membri dell’OCSE. Tuttavia, si denota un forte divario di genere. Se per la componente maschile lo scarto è di 6 punti con la media UE, l’incidenza delle laureate italiane nelle discipline tecniche è invece superiore al dato medio europeo”.