Nel 2020, la quota di bambini e ragazzi che hanno letto almeno un libro si è attestata tra il 50 e il 60%.
Oltre il 40% dei minori ha letto fino a 3 libri. Mentre il 13-14% circa si può considerare un lettore assiduo, con almeno un libro letto al mese.
Percentuali che variano in modo sensibile anche rispetto alla fascia d’età. Tuttavia, emergono delle tendenze comuni che caratterizzano i lettori più piccoli rispetto agli adulti.
I bambini leggono più degli adulti:
il 53,7% dei residenti tra 6 e 24 anni ha letto almeno un libro nel 2020, contro una media della popolazione pari al 41,4%.
Tra il 2019 e il 2020 la quota di lettori tra i giovani è leggermente cresciuta, ma le differenze restano comunque ampie. In parte riconducibili all'età - tra i minori ad esempio il picco di chi ha letto almeno un libro si raggiunge tra i preadolescenti - ma non solo, le cause che influenzano l'abitudine alla lettura sono infatti molteplici; la condizione della famiglia di origine è uno di questi se i genitori sono entrambi lettori, è più probabile che lo siano anche i figli e viceversa. Il 77,4% di minori figli di lettori leggono. Se né il padre né la madre leggono, la quota scende al 35,4%. (Istat, 2021).
In un paese in cui in media circa una famiglia su 10 non possiede alcun libro, ciò chiama in causa anche la presenza di biblioteche sul territorio e anche la loro accessibilità ed effettiva possibilità di fruizione da parte di bambini e ragazzi.
Rispetto all'accessibilità occorre tenere conto:
- degli orari di apertura al pubblico. L'effettiva fruibilità infatti dipende in primo luogo dal tempo in cui la biblioteca resta aperta per gli utenti.
- la presenza di postazioni per consultare i libri, leggere e studiare. Si tratta di un fattore determinante nella concreta fruibilità della struttura, soprattutto per bambini e ragazzi. Perché fa la differenza tra la biblioteca intesa solo nella sua funzione di struttura dove trovare e prendere in prestito libri e quella di luogo dove poter anche leggere, studiare e trascorrere del tempo.
Tratto da Openpolis - Laboratorio sulla povertà educativa